La Storia della lettura è la storia di ciascun lettore

Un percorso di Public History of Education

27/01/2025

Dopo uno sviluppo fortunato negli Stati Uniti la Public History si è affermata con successo nell’ultimo decennio in diversi paesi europei, in particolare in Italia, sia come area di lavoro storico-scientifica tesa a ricercare un maggior dialogo tra storici e società, che come rapporto scambievole e dinamico tra mondo accademico e un pubblico di non specialisti. Il principale obiettivo della disciplina è mettere in pratica un dialogo tra interlocutori diversi per stabilire una conoscenza diffusa e condivisa del passato per valorizzare la storia e l’importanza di ‘pensare storicamente’, ritenuto un pensare utile per tutta la collettività, non ultimo il mondo dell’educazione. Le sperienze di Public History possono infatti essere proficuamente sviluppate anche in ambito storico-educativo attraverso il coinvolgimento di soggetti diversi e con valenze euristiche davvero molteplici, capaci di connettere ambiente accademico e memoria sociale e di fornire quindi strumenti di comprensione sempre più critica del mondo circostante (Dati 2022a). Questo inedito incontro, che si avvale dell’arricchimento di nuove forme di indagine e di ricostruzioni del passato cariche di sfaccettature e più attente alle esperienze personali e collettive, viene qui indagato facendo riferimento a quel vasto universo che ruota intorno al mondo della lettura, alla sua storia e al significato che essa assume per il pubblico dei lettori. Come afferma infatti Jonathan Rose, professore di Storia alla Drew University, la lettura è un’esperienza educativa importantissima nella bildung della persona, una delle pratiche centrali della nostra vita emotiva ed intellettuale, e non può essere per questo trascurata dalla storia dell’educazione:

all education involves some form of reading. It describes the sources that historians of reading use, the models they employ (such as the ‘Reading Revolution’ of the eighteenth century), and the questions they address (such as the influence of gender on reading). My fundamental premise is simply this: that the history of reading is essential to recovering the history of education. All education involves some form of reading: that is, deciphering and extracting information from a text. It might be a printed text (like a primer), an oral text (say, a professorial lecture), a broadcast text (a television news programme), or even a musical text (you can learn a lot by listening to a concert). But all texts educate. This axiom, of course, leads to a very expansive definition of education, which would include formal, informal and self-education. It certainly presumes that education is a lifelong process that takes place both inside and outside classrooms. Such a broad remit would make the historiography of education essential to, and practically coextensive with, the historiography of culture. I, for one, have no problem with such an all-inclusive approach (Rose 2007, 596)

Questo significa per gli storici dedicare meno attenzione alle strutture istituzionali e burocratiche e più alle esperienze intellettuali dei singoli: «because, as we all know, bureaucratic directives do not necessarily determine what goes on in the classroom, and pupils may read textbooks in ways that teachers, superintendents and cabinet ministers never imagined or intended» (Rose 2007, 597). Non solo indici di alfabetizzazione, inventari bibliotecari, statistiche sul consumo di libri o sulla scolarizzazione, in questa sede si tiene conto di un approccio storiografico che cerca di raccontare come la storia della lettura sia una storia di uomini e donne, dei loro gesti, atteggiamenti, abitudini e sentimenti, passando da una storia del libro e dell’editoria ad una storia della lettura e del lettore e dall’oggetto editoriale al soggetto utente, non più impegnato nel processo produttivo, ma in quello attivo di beneficiario: «Twenty years ago the historiography of reading scarcely existed. Many historians at that time doubted that we could ever recover anything so private, so evanescent as them inner experiences of ordinary readers in the past » (Rose 2007, 597). Una linea di ricerca che si sposa molto bene con gli obiettivi della Public History suggerendo il titolo di questa ricerca che fa esplicitamente riferimento all’opera di Alberto Manguel. Nel volume Una storia della lettura, lo scrittore argentino ci presenta il suo arduo lavoro di compilazione dei modi in cui diversi personaggi storici hanno percepito e sentito l’atto della lettura e attraverso un excursus storico, compone una lista delle sue varie declinazioni (in silenzio, ad alta voce, a casa, in biblioteca, solitaria e condivisa, clandestina e proibita) e dei diversi tipi di lettori non rinunciando a dichiarazioni ed esempi autobiografici:

Una volta che ebbi imparato a leggere l’alfabeto, mi misi a leggere qualsiasi cosa: libri, ma anche cartelli manifesti, le frasi in caratteri minuscoli dietro i biglietti del tram, lettere trovate nel cestino dei rifiuti, pagine di giornale appallottolate che mi capitavano tra i piedi nel parco, graffiti, la quarta di copertina delle riviste impugnate da altri lettori in autobus. Quando sapevo che Cervantes, nella sua smania di leggere, leggeva persino i frammenti di carta straccia trovati per strada, capii che quella stessa passione da spazino era anche la mia (Manguel 1997, 17).

Un libro dedicato al lettore e costruito intorno alla presenza dell’io di Manguel che attraverso i fili della memoria personale e delle proprie esperienze ricostruisce una comune genealogia con quanti (letterati, filosofi, teologi, antichi e moderni) hanno condiviso analoghi spazi ed emozioni intorno al leggere.