La città del lavoro
Trentin, B. Edited by: Ariemma, I.
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«Lavoro e conoscenza» dieci anni dopo
Edited by: Casellato, Alessandro
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Bruno Trentin. Lavoro, libertà, conoscenza
Edited by: Gramolati, A.; Mari, G.
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La storia della sinistra non è Togliatti e Berlinguer, c'è anche Trentin

31/03/2014

La lunga e travagliatissima storia della sinistra italiana per come ci viene raccontata e proposta dai e sui media sembra, sostanzialmente, racchiusa nel binomio Palmiro Togliatti - Enrico Berlinguer, se la si guarda sul versante comunista o ex-comunista, dopo il crollo del Muro di Berlino dell'89. A volte, nel sancta sanctorum compare il nome dell'ex-leader della Cgil, Luciano Lama. L'unico socialista degno di considerazione, in questo revival comunista o ex-comunista, è Sandro Pertini, l'ex presidente della Repubblica eletto nel 1978 con il voto convinto del vecchio Pci.

Mentori dell'amarcord comunista o ex comunista, l'onnipresente Eugenio Scalfari arrivato a sostenere che Berlinguer, la cui opera fu compresa da pochi eletti, in primis da Ugo La Malfa, "[...]ha avuto nella politica italiana un ruolo in qualche modo simile a quello che sta avendo oggi papa Francesco" ed il 90enne ex-migliorista Emanuele Macaluso che, pur apprezzando assai Berlinguer, alla domanda chi è stato più importante per la sinistra e per il Paese tra i due, ha risposto: "Togliatti, senza dubbio". Per non dire di Walter Veltroni da 'non comunista' ha girato e prodotto un documentario su Berlinguer.

E prima di Togliatti e Berlinguer? Antonio Gramsci, certamente. Macche' quel nome non lo si ritrova: Gramsci, chi? Per ricorrere al lessico di Matteo Renzi. E prima di Lama? Giuseppe Di Vittorio, di certo. Ma quel nome altisonante come la statura da gigante di chi oso' nel '56 mettersi contro Togliatti sui fatti o meglio fattacci dell'Ungheria, non compare mai. Di Vittorio, chi? Eppure Scalfari lo dovrebbe conoscere, e dovrebbe aver sentito parlare, quando collaborava a 'Il Mondo' di Mario Pannunzio in un convegno nei primi anni '60 dedicato all'economia, del Piano del Lavoro. Che dire di Bruno Trentin, il leader prima della Fiom poi della Cgil? Appunto, Trentin, chi?

L'intenzione pare evidente: cancellare dalla lunga e tavagliatissima storia della sinistra, i personaggi piu' scomodi, rispetto alla fisinomia del Partito Democratico, eretici e libertari che criticarono la deriva modernista e blairiana: Trentin la chiamò "trasformismo" e non si risparmiò a bocciare l'idea di un indistinto ed immaginario Pd come in passato non mancò il suo 'no' al punto unico di contengenza. La sua idea fissa é stata la progettualita' della sinistra. Come ci ricorda un bel libro di Igino Ariemma per la Ediesse La sinistra di Bruno Trentin, in cui ripropone la lezione culturale e politica del partigiano Leone delle 'Brigate Rosselli' durante il fascismo. Prima a capo della Fiom, poi della Cgil e, quindi, come eurodeputato dei Ds: "[...] la politica ha senso e valore se persegue un progetto, un nuovo porgetto di società", essa non "[...] si può limitare alla gestione pubblica e amministrativa dello Stato e delle istituzioni e neppure alla conquista del potere politico e alla predisposizione ed attuazione delle tattiche e delle strategie a questo fine".

Quella cara a Trentin era la progettualità "[...] capace di rendere migliore o, più precisamente, di trasformare, cambiare la vita quotidiana degli esseri umani a partire da coloro che nella scala sociale stanno più in basso e più soffrono, e sopra tutti, degli operai", dei quali cui, fin da giovane, aveva scoperto "la grande voglia di libertà e di conoscenza". Trentin non teorizzò mai, sulla falsariga di Antiono Gramsci, la catastrofe del capitalismo: ma neanche pensò ad una alleanza organica, quanto alla sua trasformazione. E, dopo il crollo del Muro, affidò alla sinistra un preciso compito: fare della "libertà, la priorità assoluta" e "del lavoro e del sapere la fondamentale realizzazione dell'uguaglianza e della libertà umana". È, quella di Trentin, una democrazia che parte e scaturisce dal basso, dalla società civile riformata, in cui la stessa sovranità popolare è il frutto e la sintesi delle libertà e dei diritti, individuali e collettivi.

La città del lavoro è stata la sua utopia: "il fascino del pensiero e l'eredità di Trentin, stanno - scrive Auriemma - soprattutto in questo: cercare, sempre cercare, con tenacia e senza dogmatismi, di comporre l'utopia e la quotidianità, la progettualità e le proposte concrete e le soluzioni che trasformano e migliorano, giorno per giorno, la vita innanzitutto dei lavoratori. Ci ha lavorato fino all'ultimo: un nuovo statuto dei diritti dei lavoratori che abbia al centro la qualità e l'autonomia del lavoro, fisso e flessibile, e quindi la formazione permanente, ad ogni età e per tutta la vita; un welfare community".

Carlo Patrignani (Segui il suo Twitter)