Vero per finta

Scrittura e invenzione nella narrativa di Domenico Starnone

27/01/2025

Occuparsi di letteratura contemporanea implica spesso un modo di fare critica che si sviluppa simultaneamente rispetto alla materia di studio. Eppure la scelta della simultaneità tra letteratura e critica letteraria non solo si sposa bene con l’accelerazione richiesta dai tempi, ma permette anche di lavorare tenendosi sempre ancorati al contesto e alla vitalità dei testi, di godere di una sinergia tra discipline diverse (penso ad esempio alla storia della lingua, alla linguistica, abituate a maneggiare materiale vivo e pulsante). Di letteratura ultracontemporanea infatti si parla spesso, nonostante la magmaticità del tema, e non sono pochi gli studiosi che hanno tentato in qualche modo di riordinare il campo e di individuare al suo interno delle linee di tendenza e delle caratteristiche comuni sia nell’ambito della narrativa che della poesia. È anche vero che di fronte alla molteplicità di manifestazioni i nomi attorno cui si fa critica letteraria negli ultimi anni sono pochi – e sempre gli stessi: la necessità da una parte di rintracciare, definire e sponsorizzare un tipo di letteratura ‘degna’ ma anche significativa e l’impossibilità di distinguere tra letteratura tout court e letteratura di intrattenimento hanno determinato un accanimento critico a spese (o a vantaggio) di un numero circoscritto di nomi. Ne risulta un panorama letterario frammentato, definito già da Tellini un mosaico, da Tirinanzi de’ Medici arcipelago, abitato da nomi tanto lontani tra loro quanto diversi: Walter Siti, Elena Ferrante, Edoardo Albinati, Michele Mari, Roberto Saviano, il collettivo Wu Ming, ma anche Camilleri, ecc. E non sono mancate indagini nate soprattutto online per restituire alla critica il lavoro che oggi è prevalentemente del mercato, con lo scopo di mappare e in alcuni casi gerarchizzare la contemporaneità letteratura. Il motivo della frammentarietà del campo del romanzo italiano sta molto probabilmente in quella che Cortellessa definisce nella sua antologia «avversione tetragona per la poetica»: la natura composita della realtà del romanzo italiano contemporaneo è dovuta al fatto che ogni autore parla per sé e che la storia del romanzo italiano è sostanzialmente diversa da quella del romanzo europeo. Si aggiunge al discrimine Italia/estero anche quello prosa/ poesia: per la poesia lo stato dell’arte si presenta come un blocco molto più compatto in cui si riesce a distinguere non solo una rosa di poeti ‘fondamentali’, ma si ritrovano anche linee critiche condivise. È perciò inverosimile pensare di poter studiare un solo autore come campione di una totalità disordinata e la scelta di impostare una ricerca su un unico nome presenta a priori dei limiti di cui tener conto: il corpus è ancora aperto e ogni bilancio, comunque, è da considerarsi provvisorio. È proprio grazie all’avversione tetragona per la poetica, che studiare un solo autore vivente sulla cui opera non sono stati ancora condotti studi sistematici sull’opera può dare risultati soddisfacenti, che lo si consideri emblema della letteratura italiana degli ultimi anni, standard o eccezione. Si tratta di una scelta analitica che non punta a ricostruire nessun panorama letterario. Punta, semmai, a riconoscere a partire da un solo nome l’esistenza non di una poetica comune, ma almeno di una poetica personale, e di usare questa poetica personale come grimaldello per scardinare l’idea che la letteratura contemporanea sia tutta media, tutta neostandard, il risultato industriale di un mercato editoriale i cui ritmi diventano ogni giorno meno sostenibili.