Architettura islamica nel Mediterraneo fatimide (X-XII secolo)

Nonostante un’origine piuttosto conflittuale, una genealogia controversa e una fede religiosa eterodossa, i Fatimidi furono una delle dinastie più promettenti e fiorenti dell’Islam. Il loro regno durato due secoli, dal 969 al 1171, rappresenta un periodo significativo nella storia del Mediterraneo medievale. Fondarono un califfato sciita-ismailita che si opponeva a quello sunnita di Baghdad e intrapresero i primi passi in Ifriqiya, attuale Tunisia, estendendo il loro dominio in tutto il Nord Africa fino alla presa dell’Egitto. La conquista musulmana della Sicilia iniziata nell’827 fu gestita dai Fatimidi solo nel 910 allorquando ne presero possesso, sostituendosi alla dinastia aghlabida. L’isola fu interamente liberata dai Normanni di Ruggero I e Roberto il Guiscardo dopo trent’anni di furiosi combattimenti, al termine di una lunga e difficile guerra tra il 1060 e il 1091. In questo contesto storico abbastanza movimentato, lo studio tenta di far luce sui principali accadimenti a partire dalle architetture costruite nel Nord Africa nelle capitali reali di Mahdiya (921-948), al-Mansuriya (948-973), e al-Qahira (973-1169), cercando di ricostruire gli scambi culturali tra le due rive del Mediterraneo. Sebbene abbia tracciato un’importante storia nell’Oriente e nell’Occidente islamico, l’architettura del periodo fatimide è relativamente sconosciuta. L’interesse delle fonti scritte, in particolare di quelle sciite che cercano di tramandare l’immagine e l’ideologia degli imam fatimidi, è limitata dal fatto che non erano destinate a descrivere monumenti o elementi architettonici. Per lo più esse dedicano poco spazio a questi argomenti, spesso in modo episodico. Fanno eccezione alcune fonti arabe, che si concentrano soprattutto sulla qualità delle opere difensive al fine di proteggersi dai vari pericoli provenienti da attacchi esterni: la minaccia cristiana, quella kharrejita e quella sunnita. Il presente lavoro trae spunto da un unico testo inedito che fornisce informazioni più o meno dettagliate sulle città medievali, in particolare Mahdiya fatimide e Palermo normanna. Si tratta del manoscritto arabo Kitab Ghara’ib al-funun wa-mula · h al-’uyun, ovvero “Il libro dei misteri delle arti e degli aneddoti per lo sguardo”: un trattato cosmografico di autore anonimo prodotto probabilmente in Egitto nella prima metà dell’XI secolo1. L’unica copia dell’originale, pur se incompleta e databile tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, è conservata presso la Bodleian Library di Oxford. Il manoscritto consiste in un unico volume diviso in due libri, uno dedicato alle questioni cosmiche e uno alla Terra. Il secondo libro contiene una serie di illustrazioni e mappe uniche, oltre a testi rari scritti in carattere naskhi con inchiostro nero e titoli in rosso. Anche se l’autore è rimasto anonimo e quindi non è stato finora possibile identificarlo, si può ipotizzare che fosse un autore egiziano o siriano che viaggiò per tutto il Mediterraneo al tempo degli imam fatimidi e dei re normanni di Sicilia. Il trattato presenta, nel capitolo dieci, una carta del Mar Mediterraneo dove sono raffigurate varie isole, tutte riportate con forma circolare tranne la Sicilia rappresentata da un rettangolo allungato. Alla sola Sicilia l’autore dedica l’intero capitolo dodici, dove descrive il territorio in una pagina di testo e presenta un’importante mappa che occupa ben due pagine del libro. La città di Mahdiya compare nel capitolo tredicesimo del secondo libro, composto da una pagina di testo e da una miniatura a colori che raffigura i principali monumenti difensivi, confermati sia dalla descrizione fornita dallo storico al-Bekri sia dalle realtà architettoniche e archeologiche ancora visibili nell’antica capitale del regno fatimide. L’architettura come immagine del potere è stata al primo posto tra i programmi politici dei sovrani fatimidi, che per ostentare la propria potenza e la loro magnificenza hanno edificato sontuosi e lussuosi edifici. La maggior parte dell’intero patrimonio è purtroppo ridotto allo stato di rudere o addirittura scomparso sotto le nuove costruzioni delle varie dinastie che si sono succedute durante i secoli. Nessuna città è sopravvissuta, infatti né Mahdiya, né al-Mansuriya, né al-Qahira permettono di definirne in modo concreto le caratteristiche urbane e architettoniche principali. Le nostre idee sulla concezione dell’architettura fatimide traggono molti più motivi di ispirazione da quella dei loro vassalli, nel Maghreb e in Sicilia, piuttosto che direttamente dalle vestigia degli edifici eretti dai califfi nella capitale. In realtà, alcune architetture ziridi e hammadidi sono relativamente ben conosciute rispetto a quelle fatimidi in Tunisia e in Egitto. Inoltre, l’organizzazione di queste strutture d’epoca fatimide presentano stringenti assonanze anche con le architetture reali palermitane della Sicilia normanna. Possiamo quindi ipotizzare che l’origine della decorazione artistica, l’impostazione planimetrica e l’organizzazione della superficie dedicata ai parchi, giardini e i bacini monumentali rimangano saldamente legate all’eredità culturale islamica proveniente dall’Africa del Nord, in particolare alle architetture fatimidi-ziridi d’Ifriqiya e del Maghreb centrale. A tale proposito, è nota l’influenza attribuita al portale monumentale della grande moschea di Mahdiya che offre un repertorio decorativo astratto di volumi scolpiti in pietra: nicchie, archetti a rincasso e arcate cieche circondate da una cornice in rilievo con fondo semicircolare. A questo importante edificio, considerato non a caso un prototipo nel panorama dell’architettura fatimide, si conformeranno alcuni monumenti successivi costruiti in Ifriqiya e in Egitto. È soprattutto grazie alla sobrietà degli elementi decorativi che l’epoca fatimide-ziride ha avuto un ruolo di primo piano nella storia dell’arte musulmana: nicchie, archi polilobati ed arcate cieche circondate da una cornice in rilievo sono gli elementi essenziali della decorazione esterna degli edifici. In sintesi, possiamo affermare che nelle città reali, i Fatimidi diedero vita ad una progettazione dello spazio urbano impreziosita da un’arte e da un’architettura ricca di forme e di contenuti tecnici notevoli. Questa nuova concezione dell’architettura fu introdotta in Egitto nell’XI secolo e continuò a fiorire nel Maghreb e in Sicilia, pur con stilemi e linguaggi propri, grazie agli Ziridi, agli Hammadidi e ai Normanni di Sicilia, che presero a modello i capolavori della grande tradizione del califfato fatimide. In tale ambito storico-politico, il presente contributo analizza le diverse architetture realizzate dai Fatimidi e dai loro successori, gli Ziridi e gli Hammadidi, mettendole a confronto con il testo e le illustrazioni del manoscritto Kitab Ghara’ib al-funun e con le descrizioni fornite da altri autori arabi.