“Il tramonto d’Europa”. Ungaretti e le poetiche del secondo Novecento

Il volume intende riflettere sul rapporto tra l’opera di Ungaretti e le poetiche che si sviluppano nel secondo Novecento.

Il primo gruppo di saggi è centrato sul tema della ricezione, a partire dall’attenta analisi di Eleonora Conti (“La poesia di Ungaretti e le evoluzioni della critica novecentesca”) che ne ripercorre le fasi principali: dalle prime recensioni al Porto sepolto, da cui emerge un ritratto stereotipizzato e aneddotico – a tratti caricaturale – dell’‘uomo di pena’ e del ‘poeta soldato’, sino alla sua ‘consacrazione’ come poeta internazionale che avviene sul finire degli anni Quaranta. Teresa Spignoli (“Tra ‘nuova allegria’ e ‘frattura abissale’: la poetica di Ungaretti negli anni Cinquanta”) propone invece un’analisi della collocazione delle sue ultime raccolte all’interno del panorama poetico degli anni Cinquanta, mentre Francesco Sielo (“Ungaretti e i dati di realtà nel secondo Novecento: interpretazioni e letture di Raboni, Sereni e Luzi”) si concentra sulla complessa eredità ungarettiana nelle interpretazioni di Raboni, Sereni, Luzi; Giovanna Lo Monaco (“Un maestro d’inquietudine. Ungaretti, Sanguineti e il Gruppo 63”) affronta l’‘altro’ versante dello scacchiere poetico novecentesco, mettendo a fuoco i rapporti di Ungaretti con i poeti della neoavanguardia, mentre Stefano Giovannuzzi (“Ungaretti e i ‘giovani’: una riflessione sulla poesia negli anni Settanta”) traccia un bilancio dell’influenza esercitata dal magistero ungarettiano nei poeti nati intorno agli anni Cinquanta, con specifica attenzione alla ‘costellazione’ di Niebo.

Il secondo gruppo di saggi è dedicato all’analisi di aspetti specifici dell’attività ungarettiana: il confronto con la grande tradizione europea, i rapporti con l’ambito artistico, la riflessione critica e torica sull’attualità letteraria. Nello specifico, Mario Domenichelli (“Ungaretti attraverso metafisica e barocco: Góngora, Shakespeare, Baudelaire, Mallarmé”) si concentra sull’asse Petrarca-Góngora-Mallarmé, come anello di congiunzione tra la “prima modernità” e l’“ultra modernità” del Novecento, mentre Monica Venturini (“La poetica della conchiglia. Tra Ungaretti e Joyce”) evidenzia le riprese joyciane nelle poesie di Dialogo e riflette sulla nuova poetica ungarettiana che emerge dagli ultimi componimenti; Alexandra Zingone (“L’‘impronta’ di Ungaretti e il linguaggio visivo di Dorazio”) si sofferma invece sul magistero del poeta presso gli artisti, con particolare attenzione alle ‘convergenze’ tra l’opera di Ungaretti e quella di Dorazio; Antonio Saccone (“‘Che il tempo torni ad essere tempo’. Note sull’ultimo Ungaretti teorico e critico della letteratura”), infine, ricostruisce il contributo di Ungaretti al dibattito critico degli anni Sessanta, individuando nel binomio “novità e tradizione” il file rouge dei suoi interventi critici e teorici, dedicati alla scena letteraria coeva.

In ultimo, chiudono il volume due interventi legati ai fondi documentari, che aprono la strada a nuove e fruttuose ricerche, grazie al rinvenimento di nuovi materiali inediti che ampliano la già ricca messe di documenti disponibili sull’opera di Ungaretti. Si tratta del contributo di Antonio D’Ambrosio (“‘In principio era il verso’. Giuseppe De Robertis e le varianti di Ungaretti”), che analizza le carte preparatorie allestite da Giuseppe De Robertis per la pubblicazione delle Poesie disperse, prima e pioneristica edizione genetica dedicata ad un autore vivente, e del denso e dettagliato saggio di Silvia Zoppi (“Ungaretti nella seconda metà del Novecento attraverso l'archivio di Leone Piccioni”), dedicato al fondo posseduto da Leone Piccioni, che raccoglie documenti di imprescindibile valore per comprendere l’ultimo terzo dell’attività ungarettiana.

Ne risulta un panorama poliedrico e sfaccettato che ambisce a tracciare un primo quanto provvisorio bilancio dell’attività ungarettiana nell’ultimo scorcio della sua stagione nonché della sua incidenza presso le generazioni future, avviando un confronto, che ci auguriamo produttivo, con l’eredità di una delle voci poetiche più significative della contemporaneità letteraria europea.