Restauri e musei

Sui lungarni di Pisa si incrociano gli sguardi dei viaggiatori del Grand Tour (eruditi, artisti, poeti, architetti, archeologi), sullo sfondo del processo ottocentesco di trasformazione delle rive e degli edifici che vi si affacciano, contribuendo a definirne una vocazione culturale. Tale “vocazione" si determina nel momento in cui i problemi posti dalla secolarizzazione dei beni ecclesiatici nel corso dell’Ottocento e dalla ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale generano profonde trasformazioni funzionali, indotte dalla crescita di disponibilità di edifici a uso della collettività, allineati lungo le rive cittadine dell’Arno (conventi soppressi, strutture difensive “demilitarizzate”, palazzi di proprietà della Corona d’Italia). A segnare il punto di partenza di questa trasformazione nel quadro della ricostruzione del secondo dopoguerra, è il museo San Matteo, opera di Piero Sanpaolesi, che riveste un ruolo centrale non solo nella città, ma nel contesto del dibattito internazionale sulla cultura e la prassi museologica e museografica, aspetti che trovano fondamentali momenti di riflessione negli anni tra le due guerre. Dalla vicenda del San Matteo, nucleo centrale del volume che si avvale di un corpus di oltre
200 disegni ancora inediti, lo sviluppo espositivo lungo le rive trova continuità coi musei dei Palazzi Lanfranchi, Reale, Rosselmini Gualandi fino a quello delle Navi Antiche negli Arsenali. Su queste premesse, mutuate da un puntuale affondo sulle ragioni storiche che hanno portato a trasformare una sequenza di musei in “sistema”, si fonda l’obiettivo del presente volume: tracciare il filo rosso di questo processo che vuole mostrare modi diversi di affrontare il difficile rapporto tra restauro e riuso museale e come questi modi
si dispieghino in approcci che si modificano non solo in base alle prerogative della preesistenza, ma in funzione dell’aggiornamento agli standard contemporanei (e quindi le criticità e potenzialità), dei cambiamenti delle tecnologie informative, delle normative, delle diverse forme di gestione. Si tratta infatti di uno spaccato esemplare e, potremmo dire “didattico”, della complessa fenomenologia museale che si sviluppa dal dopoguerra a oggi, misurandosi con collezioni e contesti diversi che profilano l’evolversi del
significato stesso di museo e di fruizione museale, tema oggi più che mai al centro di un continuo monitoraggio attraverso i visitors studies. Su tutte queste condizioni sovrasta tuttavia l’importanza della consapevolezza culturale dei processi che determinano le scelte progettuali, la loro capacità di adattamento ai cambiamenti e al tempo stesso il loro possibile storicizzarsi come testimonianze di una determinata cultura museologica e museografica. Non è un caso che queste riflessioni partano proprio dalla vicenda del San
Matteo, il primo museo realizzato dopo il secondo conflitto mondiale secondo criteri lungimiranti, in gran parte distrutto dagli “adeguamenti” successivi , con
problematiche e criticità ancora aperte.