C'è campo

Il futuro della città visto dal suolo

Mutare lo sguardo volto al suolo è un contributo necessario alla ricerca della sostenibilità. Farlo mutando anche lo sguardo volto alla città attraverso i suoli che conserva è strategico. Dare infatti i paesaggi urbani per destinati a un’inesorabile perdita del suolo residuo significa limitare ulteriormente le quantità e le qualità degli spazi aperti con formazioni vegetali in grado di svilupparsi in modo sano e vigoroso ed essere efficaci nelle prestazioni di benefici ecosistemici essenziali per la qualità della vita umana. Il fenomeno della perdita di suolo nei fatti è tutt’altro che contrastato e la tendenza non risulta invertita anche nelle realtà in linea di principio più attente ai suoi effetti ambientali, sociali ed economici e impegnate contro la sua progressione. Perché la città cambi è necessario che le popolazioni vegetali abitino spazi e assumano ruoli che non gli sono stati finora riconosciuti, superando l’orizzonte dell’ornamento e sviluppando i propri effettivi potenziali. Contrastare la perdita degli ultimi spazi che nelle città conservano suoli in grado di sostenere la vita delle piante, lo sviluppo di formazioni erbacee, arbustive ed arboree polispecifiche e disetanee, non significa affatto impedire i cambiamenti, quanto indirizzarli in modo diverso da quello finora dominante. Il saggio di apertura – “Zero è di più” – introduce la questione del consumo di suolo ribaltando la prospettiva con cui, anche la monografia, invita ad osservare il problema. Accogliere un più ampio spettro di significati ed una più ampia gamma di parole per esplorare il suolo, oltre la sua mera mercificazione, stimola un’innovazione degli approcci e degli strumenti attraverso i quali immaginare città diverse. Nella prima parte – “Suolo, campo, foresta” –, considerare la natura del suolo e nello specifico “Il suolo nella città” consente di mettere in luce che esso non è una superficie, bensì una componente naturale essenziale degli ecosistemi. A differenza di molte altre cose che utilizziamo, il suolo non lo fabbrichiamo. Eppure, nonostante l’importanza e la fragilità di questo patrimonio naturale, per lo più le comunità umane scambiano il suolo per una proprietà esclusiva, nella propria completa disponibilità contingente, compresa dunque la facoltà di degradarlo, sterilizzarlo o asportarlo in modo incondizionato. I suoli urbani sono stati a lungo trascurati anche in ambito scientifico e lo sono tutt’ora nelle prassi urbanistiche comuni. Sebbene da decenni si conoscano anche gli effetti che le condizioni quali-quantitative dei suoli esercitano sulle dinamiche climatiche, i fenomeni di consumo dovuti all’urbanizzazione e all’infrastrutturazione progrediscono a dispetto delle dinamiche demografiche di molte realtà. In “Campo urbano” si articola la posizione teorica di una categoria di spazio aperto funzionale alla pratica della conservazione del suolo nelle città a partire dalla identificazione dei luoghi nei quali persiste senza però essere tutelato. L’applicazione al caso di studio di Pistoia, nella Toscana settentrionale, ha messo in luce rischi significativi a cui sono soggetti i suoli nel paesaggio urbano, ma anche notevoli opportunità di sviluppare nuovi punti di vista sulla città. La valorizzazione ambientale e sociale diretta del patrimonio urbano dei campi e le sue conseguenze economiche locali indirette possono essere interpretate efficacemente attraverso la declinazione dell’ampio paradigma della forestazione urbana. Con “Fra suolo e foresta urbana” si traccia un percorso esemplificativo fra alcuni dei riferimenti che possono nutrire la specifica interpretazione che occorre in ogni realtà. Nella seconda parte – “I campi urbani di Pistoia” – lo studio condotto sugli spazi aperti della città è stato sintetizzato secondo il suo sviluppo in tre fasi. La prima, di identificazione analitico-diagnostica, ha selezionato gli spazi aperti in base ad una serie di caratteri chiave e ha identificato quelli rientranti nella categoria dei campi urbani. Gli esiti di studio sono presentati nel capitolo “A Pistoia c’è campo”. Nella seconda fase, di approfondimento diagnostico, è stato messo in luce il potenziale quali-quantitativo dei campi urbani attraverso lo studio dei caratteri specifici di un campione di nove spazi. “Una metropolitana di campi” è il titolo con cui si propone di considerare il potenziale evidenziato. Con il capitolo “Variazioni di campo” si mostra, infine, una esplorazione progettuale condotta su un campione ristretto a tre campi urbani, mirata a comprenderne e mostrarne lo specifico potenziale riferibile ad una ipotesi di forestazione urbana per la conservazione del suolo e la valorizzazione ambientale e sociale degli spazi aperti. “Una città di campi” è il titolo del saggio di chiusura, che riporta il pensiero espresso nel libro dal particolare della ricerca applicata al caso di studio della città di Pistoia, al generale delle opportunità che la categoria interpretativa dei campi urbani offre per le politiche e gli interventi di rigenerazione urbana che intendono porre gli spazi aperti in generale e quelli con suolo in particolare come riferimento essenziale e preminente.